Cari amici e care amiche, a Villafranca bisogna che uno “el sia en foresto” per non conoscere o aver visto all’opera “el Nuto tanto egli è noto in paese. Calciatore prima allenatore poi, postino, edicolante, attore, presentatore, cantante, politico, appassionato di bicicletta ed altro ancora ma procediamo per ordine, perché è proprio la sua storia che ci riporta nella “Villafranca de na’ olta”. Benvenuto Bellesini , classe 1935 è il settimo (e ultimo) figlio del calzolaio Aldo, e di Emma Pasqua De Gobbi. Sette fratelli tutti maschi: Valmore, Orfeo, Danilo, Mileno, Valerio, Roberto ed appunto Benvenuto, tutti diventati eccellenti calciatori, ad eccezione di Valmore, prematuramente scomparso, e tutti con il canto e la musica nel sangue. Di Orfeo e Valerio ve ne ho già raccontato la storia e dopo questa arriverà anche quella di Danilo, più noto con il nome d’arte, Ana artefice della formidabile coppia “Ana e Boton”, Elio Faccioli. Benvenuto cresce nella Villafranca del “tempo de guera” e come tutti i suoi coetanei è costretto a crescere molto in fretta. Frequenta ancora le elementari che già col suo lavoro si guadagna quanto basta per pagare l’affitto di casa per tutto l’anno. Come? Va a erba. Per tutta la primavera e l’estate porta a casa ogni giorno due sacchi di erba, in gran parte “porsilane e bioni”, raccolta lungo i fossi o ai margini e dentro le “polentare”. Poi la pone a seccare davanti a casa, “en Contrà de Sora” (via Nino Bixio). Allora non è che c’era tanto traffico, sulla strada ancora bianca passava sì e no qualche macchina e di spazio ce n’era. Il fieno così ottenuto e conservato sul “granar” veniva poi venduto nei mesi invernali. A scuola Benvenuto è molto bravo tanto che al termine delle elementari il maestro Pigozzo incoraggia i suoi genitori a farlo proseguire negli studi. Ma allora le medie erano solo a Verona e la famiglia aveva bisogno anche del suo contributo ed è così che a 12 anni va ad aiutare lo zio “el Tosca” a vendere i giornali. Quando poi l’attività sarà rilevata dal fratello Valerio ancora per qualche anno continuerà ad aiutarlo e, come aveva stabilito sua mamma, per un piatto di minestra. Il tempo libero lo passa “al castel a tirar pesatè al balon” sport nel quale si mette subito in evidenza. A 15 anni gioca nella squadra giovanile del Villafranca e non ne ha neanche 19 quando fa il suo esordio da titolare nella neo costituita Aquila, la prima squadra del paese. Quella squadra, che a suon di gol scala la classifica e vince il campionato, è detta dei “marziani” perché ha un attacco fortissimo nonostante i giocatori siano tutti di bassa statura. Ve li voglio ancora una volta ricordare: mezzala destra Nerino De Santis 1,68; ala sinistra Dario Cordioli “Sienin” 1,58; centravanti Luigi Martinelli “el Cischia” 1,64; mezzala sinistra Enrico Tosoni “Toliro” 1,60 e ala sinistra “ el Nuto” 1,62. Dopo due campionati Benvenuto va a giocare nel Domegliara, allenato da suo fratello Orfeo “ Venesia” e dove peraltro giocano anche altri due suoi fratelli Valerio e Mileno, ma vi rimane un solo anno. Chiamato a giocare nella rappresentativa del Veneto viene notato dal Commendator Gavagnin che lo vuole nella sua Libertas di Borgo Venezia. Vi gioca per quattro anni e sempre per poco più di un piatto di minestra e tuttavia è in quel periodo che, ad onor del vero grazie anche ai buoni uffici del Commendatore Gavagnin, vince il concorso per portalettere alle Poste Italiane. Gioca poi nel Bovolone ed è lì che, a causa di una brutta frattura, pone fine alla sua attività agonistica. Non abbandona però il mondo del calcio, torna da allenatore a Villafranca. “Gratis caritatis”, come sempre e per tutte le sue attività, per diversi anni si dedica a trasmettere alle giovani leve le sue capacità, la sua esperienza e la sua passione ma anche e soprattutto lealtà e spirito di servizio alla squadra come posso ben testimoniare per essere stato anch’io un suo allievo. Una vita da atleta ed un’altra da artista. Benvenuto ha solo 15 anni quando entra a far parte di una compagnia teatrale e per la prima volta sale su un palcoscenico. E’ il 1950, al cinema teatro Comunale, gestito dalla famiglia Vezza, ha una parte nella rivista “Chewing gum” che grazie ai testi di un già bravo Cesare Marchi, scrittore la cui fama ben presto varcherà i confini della nazione, alla regia di Franco Faccioli (fratello di “Boton”) ed alla bravura degli attori, ha un successo è clamoroso. La compagnia ripropone la rivista anche l’anno successivo ed è ancora un’ altro strepitoso successo ma poi inspiegabilmente, vuoi per mancanza di fondi o vuoi per la defezione di qualcuno viene sciolta. Ma bisogna attendere solo qualche anno perchè si riformi una nuova compagnia teatrale. Con a disposizione il nuovo Cinema teatro Verdi, ispirata e voluta dal “vulcanico” curato don Egidio Baietta ,(con Pino Minuncelli, presidente e Marcello Tumicelli, attrezzista, scenografo e factotum), nasce la Compagnia Aurora. Con essa si forma e si esibisce in canto prosa e cabaret il quartetto Aurora formato da Benvenuto, Vanni Raule, Renzo Massagrande detto “Ometo e Luigi Basso alla chitarra (il quartetto dopo soli due anni diventerà un trio per la partenza di Renzo Massagrande, altro bravo calciatore ingaggiato da una squadra di altra città). Nel1962 Benvenuto sposa Maria Teresa Borelli che gli darà Elisabetta, Giancarlo ed Eddy, così chiamato in onore del campionissimo Eddy Merks, grande amico di famiglia e più volte suo ospite. E così tra posta da consegnare, campionati di calcio e spettacoli teatrali arriviamo al 1978 anno “orribilis” per i Bellesini. In soli cinque giorni Benvenuto perde il fratello Danilo ed il nipote Claudio, l’unico figlio di Valerio che prostrato dal dolore decide di vendere l’edicola. Benvenuto convince i suoi ad acquistarla e così per lui, non ancora “a tiro” del minimo per andare in pensione, e per la sua famiglia cominciano gli anni più faticosi. Elisabetta accudisce i fratelli più piccoli mentre Benvenuto, con Maria Teresa che pure si dedica , e si sacrifica, nella conduzione dell’edicola, si alza prestissimo per avviare il lavoro poi a Verona a fare il postino e poi di nuovo in edicola ma senza mai mollare le sue passioni però. E quando i figli crescono e per lui finalmente con la pensione viene meno l’impegno del lavoro del postino a Verona che fa? Si riposa, neanche per sogno. Siccome è sospesa l’attività dell’Aurora (per la chiusura del cinema teatro Verdi) torna sulle scene col Trio Vilmoz ( acronimo di Villafranca e Mozzecane) con Vanni Raule e Silverio Prati. Ma non solo presenta e si esibisce con il gruppo di canto popolare gli “alfa dieci più uno” diretti dal maestro Ettore Turrina. Per lui sala, palcoscenico o palco in piazza non ha mai fatto differenza. In Villafranca e dintorni non c’è manifestazione che non è presentata e condotta dal Nuto”, che ne detta magistralmente i tempi ed intrattiene il pubblico con la sua innata “verve” e comicità. Le sfilate di carnevale, i Concerti del Risorgimento e tutte le edizioni del “Par no’ desmentegar“ al Palacover, per citarne alcune. Ed inoltre la sua poliedrica personalità gli fà trovare anche il tempo di dare il suo contributo al paese in politica. Dieci anni di Amministrazione Comunale, dal 1975 al 1980: cinque anni da consigliere di minoranza, dal 1990 al 1992, due anni da assessore allo sport e di seguito altri tre anni ancora da consigliere di minoranza. E poi la passione per la bicicletta con pedalate sino a Roma per andare in udienza dal Papa e altro ancora, ce ne sarebbe da scrivere un libro ma qui finisce il mio spazio. Concludo con le sue stesse parole <Voglio bene alla mia amata Villafranca, che ritengo una delle più belle città del Veneto, e voglio bene alla sua gente che tutta mi conosce e mi stima. Ho fatto politica anche se non è mai stata la mia vera passione e l’ho lasciata perché erano cose troppo serie per il mio carattere. A me piace l’ironia e l’allegria che ho sempre cercato di trasmettere ai miei paesani e sono loro grato per il bene el’affetto che in tante occasione mi hanno dimostrato>. L’era la “ Vilafranca de ‘na olta” quando tutti, ma proprio tutti, contribuivano al sostentamento della famiglia e per i figli la volontà dei genitori era sacra e valeva più della legge.